Cinquantadue morti: 46 paracadutisti - due sottotenenti,
due sottoufficiali e sei membri inglesi dell' equipaggio della RAF.
La più grave sciagura che abbia mai colpito
le Forze Armate in tempo di pace, che commosse l' Italia tutta con vasti
echi internazionali. In quel mesto novembre, mentre la città proclamava
il lutto cittadino, la FOLGORE non si sentì sola, ma confortata
dalla solidarietà unanime. La partecipazione ai funerali fu tanto
massiccia quanto spontanea e sentita, a sottolineare che non era il lutto
della sola FOLGORE ma di tutta la città, partecipato da tutti
gli Italiani e certamente anche dalla popolazione Inglese. Comandante all'
epoca era il generale Ferruccio BRANDI, medaglia d' oro al valor militare,
guadagnata nell' epica battaglia di El Alamein. Era partito col primo
- GESSO 1 - degli otto Hercules della RAF, che cooperavano con la FOLGORE
per l'esercitazione Cold Stream. Dopo il lancio in una zona della Sardegna,
saputo che - GESSO 4 - non aveva risposto al contatto radio, rientrò
subito a Livorno al suo pèosto di responsabilità. Intanto
al posto di comando all'aeroporto di Pisa, dopo aver ricevuto il messaggio
- GESSO 4 - non risponde, si interrogavano via radio i comandantidegli
altri velivoli in volo. Alcuni riferirono di aver percepito un bagliore
all' altezza della Torre della Meloria. Fu subito innescata la procedura
di soccorso, attivando nel contempo il Comandante del 26° Gruppo ALE,
che si levò subito in volo con i suoi elicotteri, e il Comandante
della base Incursori, che salpò subito con l'idroambulanza, entrambi
in ricognizione ricognitiva e di soccorso nell' area della Meloria. Le
unità mavali della Capitaneria del porto di Livorno, della Guardia
di Finanza dei Carabinieri e altre unità della Marina dal porto
di La Spezia, fecero rotta sulle secche della Meloria. Una conferma relativa
alla località del disastro venne da un cacciatore che riferì
ai Carabinieri di Tirrenia di aver visto un bagliore, una fiammata al largo
della Meloria. Che non ci fossero superstiti lo si capì subito,
quando dall' area della ricerca si segnalò la presenza di un canotto
pneumatico, di quelli che si attivano automaticamente in caso di impatto
in acqua del velivolo. Era...vuoto. Persa ogni speranza cominciò
la penosa attesa della localizzazione del relitto. Passarono sette lunghi
interminabili giorni prima che, finalmente, l'aereo fosse localizzato.
Adagiato a quaranta metri, su fondale sabbioso in mezzo alle alghe. Le
avversità atmosferiche ostacolavano il recupero delle salme, che
fù possibile solo a poche unità per volta. Ci volle più
di un anno per recuperare tutti quei poveri corpi o quello che rimaneva
di essi. Nel corso di queste operazioni, sciagura nella tragedia, un sottoufficiale
del 9° Btg. Par. Sab. Giannino CARIA, pagò col sacrificio
della vita il tentativo di restituire un corpo ai loro cari.