Edizione  speciale per il 31° anniversario dei
CADUTI DELLA MELORIA
 ricerca storica a cura di Nellino
9 Novembre 2001
Trent' anni fa, subito dopo il decollo dall' aeroporto di Pisa, alle 5,45 del 9 novembre 1971, l' Hercules della Royal Air Force, si inabisso al largo della Meloria, dove le secche degradano ed il fondale strapiomba per oltre 40 metri.

Cinquantadue morti: 46 paracadutisti - due sottotenenti, due sottoufficiali e sei membri inglesi dell' equipaggio della RAF.
La più grave sciagura che abbia mai colpito le Forze Armate in tempo di pace, che commosse l' Italia tutta con vasti echi internazionali. In quel mesto novembre, mentre la città proclamava il lutto cittadino, la FOLGORE non si sentì sola, ma confortata dalla solidarietà unanime. La partecipazione ai funerali fu tanto massiccia quanto spontanea e sentita, a sottolineare che non era il lutto della sola FOLGORE ma di tutta la città, partecipato da tutti gli Italiani e certamente anche dalla popolazione Inglese. Comandante all' epoca era il generale Ferruccio BRANDI, medaglia d' oro al valor militare, guadagnata nell' epica battaglia di El Alamein. Era  partito col primo - GESSO 1 - degli otto Hercules della RAF, che cooperavano con la FOLGORE per l'esercitazione Cold Stream. Dopo il lancio in una zona della Sardegna, saputo che  - GESSO 4 - non aveva risposto al contatto radio, rientrò subito a Livorno al suo pèosto di responsabilità. Intanto al posto di comando all'aeroporto di Pisa, dopo aver ricevuto il messaggio  - GESSO 4 - non risponde, si interrogavano via radio i comandantidegli altri velivoli in volo. Alcuni riferirono di aver percepito un bagliore all' altezza della Torre della Meloria. Fu subito innescata la procedura di soccorso, attivando nel contempo il Comandante del 26° Gruppo ALE, che si levò subito in volo con i suoi elicotteri, e il Comandante della base Incursori, che salpò subito con l'idroambulanza, entrambi in ricognizione ricognitiva e di soccorso nell' area della Meloria. Le unità mavali della Capitaneria del porto di Livorno, della Guardia di Finanza dei Carabinieri e altre unità della Marina dal porto di La Spezia, fecero rotta sulle secche della Meloria. Una conferma relativa alla località del disastro venne da un cacciatore che riferì ai Carabinieri di Tirrenia di aver visto un bagliore, una fiammata al largo della Meloria. Che non ci fossero superstiti lo si capì subito, quando dall' area della ricerca si segnalò la presenza di un canotto pneumatico, di quelli che si attivano automaticamente in caso di impatto in acqua del velivolo. Era...vuoto. Persa ogni speranza cominciò la penosa attesa della localizzazione del relitto. Passarono sette lunghi interminabili giorni prima che, finalmente, l'aereo fosse localizzato. Adagiato a quaranta metri, su fondale sabbioso in mezzo alle alghe. Le avversità atmosferiche ostacolavano il recupero delle salme, che fù possibile solo a poche unità per volta. Ci volle più di un anno per recuperare tutti quei poveri corpi o quello che rimaneva di essi. Nel corso di queste operazioni, sciagura nella tragedia, un sottoufficiale del 9° Btg. Par. Sab. Giannino CARIA, pagò col sacrificio della vita  il tentativo di restituire un corpo ai loro cari.

continua